ECHI DA ASSISI

Nel prossimo fine settimana alcuni esponenti cattolici proporranno le “tavole di Assisi”, “per rilanciare il pensiero cristiano, conservatore e identitario”, ovvero, come si legge sul sito di Pro Vita, per “resistere al pensiero unico e riaffermare con orgoglio la nostra identità cristiana”.

L’immagine della “tavola” evoca la fissità di una regola. La stessa sensazione viene suggerita dal netto abbinamento del “pensiero cristiano” a un profilo “identitario”. Le intenzioni degli amici che propongono il gesto sono nobili, ma da Assisi l’esperienza cristiana affascina nuovamente il mondo intero come “Cantico”, più che come barriera verso un contesto ostile.

Oggi più che mai, abbiamo ancora nostalgia e bisogno di quello stesso “cantico” alla vita e per il Significato della vita, secondo il più vero moto del cuore, che pulsa in ognuno di noi come in ogni uomo, soprattutto dal quale serve alimentare anche un rinnovato impegno pubblico. Infatti, proprio della fecondità di questo “bisogno” possiamo dare testimonianza alla luce dei recenti anni di sommesso lavoro condiviso, teso all’unità nel giudizio e nell’azione di fronte a tanti fatti sociali e normativi che vogliono imporre al Paese un neo-individualismo, nichilista e dunque triste. Quando, cioè, non abbiamo fatto prevalere solo una reazione di stampo moralistico suscitata dallo “scandalo” per i continui attacchi contro la Tradizione, abbiamo potuto accettare, innanzitutto per noi, la sfida delle circostanze, illuminando più a fondo il preciso contenuto antropologico, che, con sempre maggiore prepotenza, ci arriva dalla mentalità dominante. Ci siamo allora potuti accorgere di quanto siano reali i giudizi di Papa Francesco, che riconosce proprio la “cultura dello scarto” al fondo del “cambio d’epoca” in cui siamo pienamente immersi da qualche anno.

Così, nell’operosa condivisione di un giudizio, ha fatto capolino l’abbrivio di un interessante profilo di libertà. Accettando, cioè, una scommessa per la ragione, abbiamo intuito uno struggimento nuovo per ogni uomo, perché a ogni uomo si può davvero chiedere se appaia più ragionevole e corrispondente per sé la possibile mannaia dello scarto o uno sguardo teso a salvare “ogni capello del capo” (cfr. Mt, 10,24), dando credito a quella domanda di senso alla propria vita, che chiede “sempre”, specie nella fragilità e nel limite, che ogni istante sia accompagnato e curato.

Non, dunque, una distanza o una trincea a giusta difesa di regole o di un pensiero tradizionali sono la prima vocazione sociale degli sparuti cristiani rimasti nel “cambio d’epoca”, perché si intravvede la più interessante prospettiva di una nuova possibile comunanza fra noi e con tutti, a partire da quel “cuore” inestirpabile in ognuno, che attende il miracolo di un “cantico” che mai si possa spegnere in qualunque circostanza di vita. Con un simile dialogo pubblico, appassionato e serrato, si può incontrare chiunque abbia ancora interesse per la propria umanità, anche proponendo e confrontando ipotesi più ragionevoli sui problemi del Paese, tant’è che è persino accaduto di ottenere obiettivi insperati … “Sui tetti”, appunto.

Roma, 8 settembre 2023

Domenico Menorello