NON BASTA UN CERTIFICATO PER ESSERE GENITORI. SOPRATTUTTO QUANDO A RILASCIARLO È UNO STATO CHE RICONOSCE LA MATERNITÀ SURROGATA

di: Centro Studi Rosario Livatino

In data odierna la Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato ha approvato una risoluzione con la quale è stato sostanzialmente bocciata la proposta di normativa formulata dalla Commissione europea relativa alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all’accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione.

La Commissione Politiche dell’Unione europea ha riconosciuto che alcuni profili della proposta non rispettano i principi di sussidiarietà e proporzionalità.

In particolare, la Commissione del Senato ha evidenziato che nella disciplina relativa al certificato europeo di filiazione “non si riscontra alcuna disposizione … che consenta il diniego degli effetti del certificato … mediante l’invocazione della clausola dell’ordine pubblico”.

La Commissione del Senato ha, dunque, riconosciuto gli aspetti problematici dell’introduzione di una certificazione europea della filiazione. Essa, infatti, potrebbe essere utilizzata per far valere automaticamente in tutti gli Stati dell’UE il rapporto genitoriale così come accertato o riconosciuto da un altro Stato membro a prescindere da considerazioni di ordine pubblico. Il punto è particolarmente problematico, in quanto sebbene la quasi totalità degli Stati membri non consenta il ricorso alla maternità surrogata, vi sono tuttavia Paesi in cui è consentito il riconoscimento dell’accertamento straniero della genitorialità del committente privo di legame biologico col nato da maternità surrogata.

Col certificato europeo di filiazione, dunque, questo riconoscimento avrebbe potuto essere utilizzato per far valere la “genitorialità” intenzionale anche in Stati membri come l’Italia, che invece consentono la formalizzazione di certi rapporti in atto solo a seguito di un controllo del giudice in concreto sulla conformità al superiore interesse del minore.