CARRIERA ALIAS, CONSIDERAZIONI

Le Associazioni aderenti all’agenda pubblica “Sui Tetti”, nel merito della questione educativa della cosiddetta Carriera Alias, ritengono opportuno contribuire all’ampliamento di una riflessione plurale, circa il ruolo educativo della scuola nel merito di tematiche eticamente sensibili come il tema della fluidità di genere, per meglio convergere verso linee educative che tutelino il bene supremo del minore.

Il recente caso del professore, che nel liceo Cavour di Roma avrebbe deciso di non chiamare con un nome maschile una ragazza secondo il protocollo Alias, ha offerto spunti di confronto, tra specialisti che a vario titolo nell’agenda Sui Tetti si sono interrogati al riguardo.

Un educatore deve sempre poter garantire ad un giovane alla ricerca della definizione della propria identità, che la realtà è la misura che restituisce il dato su chi siamo, cosa vogliamo, verso dove andiamo. È azione corretta e rispettosa accompagnare con coscienza critica e non semplicemente assecondare le richieste che non corrispondono alla realtà.

La scuola si è fatta sempre garante di un clima di accoglienza e di inclusione, lo fa per dovere e vocazione da sempre, perché deve sostenere il consolidarsi di un’età ancora in continua evoluzione, tuttavia questo non la autorizza ad avallare un’estensione irragionevole dell’autonomia scolastica (D.P.R. 275/99, recante norme in materia di autonomia), perché essa è da intendersi come flessibilità all’interno di un quadro normativo precostituito.

La carriera Alias non è all’interno di alcun quadro normativo, la rettificazione del sesso di una persona, con conseguente riattribuzione anagrafica, viene ad oggi disposta soltanto in seguito ad una sentenza passata in giudicato del Tribunale, il quale, dopo la verifica di presupposti meramente giurisprudenziali e non legislativi, ordinerà anche la rettificazione degli atti di stato civile, consentendo il cambiamento dei dati anagrafici.

Ad oggi non vi è alcuna normativa prevista, sulla fluidità di genere.

Sul piano pedagogico, bisogna considerare che il 90% delle disforie nei maschi e l’85%nelle femmine rientrano con la maturità, mentre dopo l’avvenuta la transizione sociale è più difficile per questi giovani non procedere anche con quella ormonale e medica, il riconoscimento unanime esercitato dal contesto può confondere ulteriormente le idee a moltissimi minori e condizionarli verso una scelta obbligata per la paura di tornare indietro.

Definizioni affrettate e non corrispondenti a situazioni definitive espongono la scuola ad essere poco attendibile sulle misure da porre in essere per la salute e la stabilità emotiva degli studenti, tanto più se poi dovesse modificare provvedimenti presi arbitrariamente senza autorizzazioni ufficiali.

Le domande nell’età adolescenziale sono domande di senso che la scuola ha il dovere di raccogliere, mediare, accompagnare mediante l’ascolto, la cura, il dialogo, ma non può avallare richieste non fondate giuridicamente e soprattutto scientificamente. I paesi del nord Europa pionieri dell’identità di genere stanno compiendo clamorosi passi indietro dopo aver rilevato i danni che tale propaganda aveva procurato in tanti giovani a scuola, dove le richieste di transizione sociale si erano moltiplicate in pochi anni, in Gran Bretagna, il Dipartimento inglese per l’educazione ha dovuto bandire dalle scuole statali ogni tipo di insegnamento sull’identità di genere, perché è stata rilevata la pericolosità di tutto questo per i minori.

Ad oggi il fenomeno dei detransitioner rivela la sofferenza delle numerose persone che chiedono di tornare al proprio sesso originario, dopo aver subito l’effetto di scelte irreversibili, facendo i conti con ferite sul piano fisico e psicologico, da cui non possono tornare indietro, sono vite ormai segnate dal dolore.

Recentemente è stato lanciato anche in Italia un Manifesto scritto da studiosi francesi e belgi dell’Osservatorio internazionale la Petite Sirène, firmato da migliaia di medici, psichiatri e psicoterapeuti infantili (oltre che da avvocati, insegnanti, magistrati e intellettuali di indiscussa autorevolezza) per denunciare pubblicamente il preoccupante fenomeno di minori che si autoconvincono, anche per la superficialità e l’unilateralità della narrazione ufficiale, che il loro malessere sia dovuto alla disforia di genere e che l’unica soluzione per stare meglio sia cambiare sesso, con il ricorso a trattamenti ormonali, se non addirittura ad interventi chirurgici, di cui non sono ancora in grado di comprendere  le pesanti conseguenze (che invece l’Appello in questione documenta scientificamente).

Nel convegno di presentazione a Roma, cui ha aderito anche l’Agenda Pubblica ” Sui Tetti”  sono state lette due testimonianze di mamme dell’associazione De Gender che in forma anonima hanno parlato delle proprie figlie dicendo : “… non diremmo mai ad un bambino vestito da Superman che ci saluta da in cima a una scala che è davvero un supereroe e che quindi può volare, non diremmo mai a una ragazza che pesa 50 kg che si vede grassa che può mettersi a dieta, dunque non diremo ad una ragazza che sceglie un nome da maschio che è un maschio, ecco cosa succede se la realtà invece di farti da specchio si adatta alle tue fantasie, ci cadi dentro senza rete di sicurezza”.

La scuola deve continuare ad essere il luogo dove garantire quella rete di sicurezza che solo gli adulti possono offrire ai ragazzi, non senza un ampio e accurato dibattito, che consenta il necessario approfondimento scientifico, l’analisi di ogni evidenza giuridica e psicopedagogica, e che tenga conto del patto di Corresponsabilità Educativa tra scuola e famiglia.

Il tema è troppo sensibile, e attualmente divisivo, per essere consegnato al sentire più o meno condiviso di alcuni, senza l’ascolto serio e plurale anche di altri.

Scelte come la Carriera Alias, da parte delle scuole, si configurano come provvedimenti illegittimi disposti in difetto di pronuncia dell’Autorità giudiziaria su una materia non ricadente nella disponibilità e nella competenza dell’Istituzione scolastica.

Con i minori si impone il principio di precauzione, proprio per la materia delicatissima, inserita in un contesto estremamente fragile e duttile come quello dell’età evolutiva e dell’adolescenza.

Auspichiamo che le autorità costituite e deputate a valutare la complessità della questione possano avvalersi di tempi dilatati nei quali ascoltare le evidenze scientifiche contrarie alla Carriera  Alias e verificare l’inaffidabilità di provvedimenti assunti in totale assenza di un quadro legislativo, basati sulla fluidità di genere, che non ha ancora alcun fondamento giuridico.