CON PIU’ ENTUSIASMO, AL LAVORO PER IL «NOI» CONTRO LA CULTURA (E LE LEGGI) DELLO SCARTO

-I prossimi eventi-

 

Da alcuni anni, circa novanta associazioni -che liberamente partecipano al network “Ditelo sui tetti (Mt 10,27)” promotore del convegno romano del 9 marzo scorso e di oltre cinquanta iniziative sull’intero territorio nazionale- documentano la crescente pretesa dei poteri legislativo e giudiziario di influenzare la concezione dell’umano.

Il lavoro culturale condiviso ha pazientemente ma tenacemente dimostrato come, specie nell’ultimo decennio, via sia stata una sempre più intensa accentuazione di una inedita questione antropologica giocata con le leve del potere pubblico, il quale, con la forza propria di leggi dello Stato, ha progressivamente proposto il dogma della capacità di “autodeterminazione” (rectius: della capacità di “successo”) come unico paradigma di valore della persona, ideologicamente assunta come monade isolata e autoreferenziale.

La scelta del legislatore verso tale opzione antropologica individualista ha implicato:
1) che quando la fragilità, la debolezza, la malattia o l’insuccesso colpiscono “l’autonomia”, il valore della persona veniva meno, potendo essere “scartata” per mano delle stesse istituzioni pubbliche;
2) che, disconoscendo la dimensione relazionale, si ergeva quale unico possibile punto d’ordine il potere pubblico, perciò affermandosi un acceso neocentralismo soffocante i corpi sociali.

Rispetto a questo scenario, le elezioni del 25 settembre scorso hanno introdotto una possibile discontinuità. Sono tante le analisi circa la volontà che gli italiani, votando (e, purtroppo anche non-votando), hanno manifestato nel rinnovare il Parlamento. Noi, rimanendo saldamente in un terreno pre-politico che non intende proporre alcuna forma diretta di endorsement, diciamo che, fra i vari fattori, ha sicuramente inciso anche una sorta di istintiva “reazione” proprio a quella sempre più pressante pretesa dello Stato di determinare o condizionare la stessa concezione sull’umano, che si è intuito dover appartenere, invece, alla sfera più esclusiva della coscienza, dell’intelligenza e della libertà di ciascuno, educata e alimentata nell’appartenenza ai contesti relazionali e comunitari più preziosi.

Quindi, nel nuovo scenario italiano, quale appare essere il compito pubblico “aggiornato” (per gridarlo “sui tetti”) per quei corpi intermedi che credono che “in definitiva  la «questione antropologica» si riduce a un solo punto: stabilire se l’uomo sia sempre uomo a pieno titolo” (Carlo Casini, 2007)?

Si tratta della partita meno scontata.

Infatti, si commetterebbe un errore grave, se si ritenesse che il mutato scenario politico possa di per sé garantire una qualità della normativa lontana dalla “cultura dello scarto” ovvero possa di per sé essere automaticamente una tutela di una concezione dell’umano per cui “ogni capello del capo è contato”. Se pensassimo così avremmo, cioè, perso la consapevolezza di essere entrati in quel vero “cambio d’epoca” denunciato da Papa Francesco, nel quale non vi sono più certezze valoriali di alcun tipo, cosicché lo scenario meno scontato è essere in grado di vivere e di operare davvero desiderando che ogni istante , anche se apparentemente negativo, abbia un valore assoluto.

Nel “cambio d’epoca” ci è sempre e continuamente chiesto di capire quale idea di uomo stiamo scegliendo e seguendo: un uomo che ha sempre le stimmate di un brillio di speranza in qualsiasi circostanza (anche di fragilità) o un uomo che vale solo quando sa “autodeterminarsi” e imporsi? Così, per non farsi trascinare dalla dominante corrente culturale, che ci impone un iper-individualismo che scarta i più deboli e sottopone la nostra vita ai banali canoni di una mera ricerca di successi esteriori, è ancor più necessario aiutarsi in un lavoro sulle ragioni da preferire scelta per scelta, questione per questione.

Crediamo che questo lavoro di giudizio e di ragioni urga con maggiore forza proprio oggi, dopo il 25 settembre, affinché quel sussulto del popolo italiano rispetto all’invasività del potere non si riduca a una mera reazione, a un arrocco, forieri di divisioni anziché di un nuovo dialogo nella società sul valore dell’umano, ovvero non soccomba velocemente all’onda della mentalità dominante. Crediamo che una operosità condivisa nel tessuto sociale per riaccendere e ri-costruire nel concreto una passione per l’uomo sia la chiamata stessa che le nuove circostanze propongono a ognuno di noi, per prendere sul serio il nuovo contesto italiano e supportare anche gli amici direttamente più implicati in nuove responsabilità.

In tal senso appaiono particolarmente utili come abbrivio del nuovo lavoro i 65 punti e le 10 priorità che sono state preparate dalle associazioni nell’agenda aggiornata per il 25 settembre (https://www.suitetti.org/agenda/) per mettere al centro “sempre un uomo a pieno titolo”.

Allora, per ripartire con questo affascinante lavoro, due inviti di grande interesse.

1) Il bel convegno del 23 novembre a Legnago (VR), che gli amici veronesi assieme alla Fondazione Toniolo hanno preparato sotto un titolo molto significativo (“Per la vita nel «fine» della vita”), per proporre una delle azioni più chiare per servire la persona anche nella fragilità estrema, come sono le cure palliative. Qui l’invito.

2) La casa editrice Cantagalli ci mette a disposizione alcuni libri di grande interesse per un giudizio su ciò che stiamo attraversando, a prezzi convenzionati per chi riceve la presente newsletter. Al link possiamo trovare un estratto del libro e la possibilità di acquistarlo direttamente e scontato. Clicca qui

Con tanta gratitudine per il cammino percorso assieme, ci facciamo, allora, un grande augurio di un nuovo buon lavoro!

Domenico Menorello