SERVE UN LIMITE AL GENDER NELLE SCUOLE

Qualche giorno fa, alcuni senatori di maggioranza hanno presentato al proprio ministro un’interrogazione per invocare una linea durissima contro le c.d. carriere alias in circa 230 scuole (su oltre 8.000), cui ha fatto seguito un incondizionato plauso da parte di alcune realtà associative, quali Pro Vita. Il tema è troppo importante per non proporre, sommessamente, alcune irrinunciabili domande perché, se gli obiettivi appaiono molto condivisibili, il metodo preteso lo è assai meno …

Fa bene, in un’intervista, la senatrice prima firmataria a denunciare che spesso le carriere alias si risolvono nel portato di una grave ideologia, il gender, che, soggettivizzandola, nega oggettività alla realtà. Ha ancora più ragione a volere che nelle scuole i giovani siano tutelati dalle ideologie, “preservandoli da situazioni di confusione”.

Ma un metodo “manu militari” raggiungerà davvero l’obiettivo? Siamo sicuri che lo stato della giurisprudenza, CEDU compresa, consenta l’invocata opposizione frontale? Poi, una contrapposizione preconcetta non penalizzerebbe quei -anche se pochi – casi reali di disforie di genere? Ancora: una mera barriera moralistica non provocherà una reazione ancora più invasiva da parte delle ideologie predominanti? Infine, e soprattutto, uno scontro ideologico favorirà o piuttosto allontanerà la possibilità di un dibattito nel merito, che, solo, può evidenziare come il gender nulla abbia a che fare con presunti “diritti”?

Sono domande che dovrebbero farci privilegiare leve più percorribili e su cui si può raccogliere un maggiore consenso per non farci ghettizzare e, dunque, per “preservare” con maggior efficacia i minori. Ad esempio, chi potrebbe opporsi al diritto dei genitori a essere, specie in questo campo, i protagonisti attivi di ogni passo che riguardi il proprio figlio? Perciò, urge innanzitutto una seria disciplina del “consenso informato” (a cui il Ministero sta già guardando con attenzione), che potrebbe e dovrebbe anche valorizzare condizioni fondamentali ammesse dalla stessa giurisprudenza, come la insufficienza per il cambio di identità di un “mero elemento volontaristico” (Corte cost. 269/22), canone sul quale, invece, troppe scuole si stanno gravemente appiattendo. Un lavoro costruttivo per il rispetto dei giovani è dunque possibile. Non allontaniamolo.

 

di: Domenico Menorello, pubblicato su Libero, 8 agosto 2023