A MILANO IL SEMINARIO “SUI TETTI”: “EDUCARE È IMPARARE LA LIBERTÀ DI ADERIRE AL VERO”

MILANO, 5 GIUGNO 2023. SEMINARIO DEL NETWORK “SUI TETTI”: «EDUCARE È IMPARARE LA LIBERTA’ DI ADERIRE AL VERO, ANCHE CHIEDENDO UN NUOVO PATTO SCUOLA-FAMIGLIA, LA PLURALITA’ EDUCATIVA E UN VERO ‘MERITO’, PER ACCORGERSI DEI TALENTI DI OGNI STUDENTE». E IL MINISTRO VALDITARA RILANCIA LA “SCUOLA DELLA COSTITUZIONE”, APRENDO IL PNRR, PARIFICANDO L’ABILITAZIONE ALL’INSEGNAMENTO E AVVIANDO LA “DOTE SCUOLA”

Ha rilanciato la bellezza possibile dell’educazione il seminario promosso dal network associativo “Ditelo sui tetti, che si è svolto a Milano nel pomeriggio del 5 giugno 2023, dalle ore 15,30, presso il “Palazzo Pirelli” di Milano, nel dialogo fra il Ministro dell’Istruzione e del merito, prof. Giuseppe Valditara, con GiancarloCesana, Presidente di Esserci, Suor Anna Monia Alfieri, opinionista di dell’educazione, Stefano Malatesta, Presidente dell’Associazione Genitori Scuole Cattoliche-Agesc di Milano, Peppino Zola, cofondatore della scuola “La zolla”, Elena Fruganti, insegnante e coordinatore dell’equipe di competenze scolastiche di “sui tetti” e con l’intervento del poeta Davide Rondoni.

La bellezza dell’educazione -ha introdotto Domenico Menorello, che ha coordinato l’incontro per il network organizzatore “Ditelo sui tetti”, – c’è nell’ incontro di un adulto con un giovane a partire da quel desiderio inestinguibile di verità, pienezza e giustizia che mai si spegne nel cuore di ognuno. Non ci interessa, dunque, la standardizzazione dell’insegnamento, quella che aggiunge solo «un altro mattone nel muro» che separa dalla realtà, come ammoniscono i Pink Floyd (cfr. The Wall) da più di quarant’anni. Serve, invece, che ogni studente sia guardato personalmente. Perché si avveri questo sguardo, sono urgenti un nuovo patto fra scuola e famiglia, una reale pluralità educativa che consenta effettivamente scelte diversificate, una netta priorità al merito nel rapporto insegnanti-genitori-giovani per capire e valorizzare i talenti di ogni studente. “Assieme -spiegava- vogliamo ritrovare la forza degli ideali e la conseguente concretezza di idee, da proporre pubblicamente: sui tetti, appunto”.

L’assessore regionale all’istruzione, Simona Tironi, nel portare il saluto di Regione Lombardia ha assicurato un impegno fattivo per “percorsi formativi e di orientamento che offrano delle scelte, perché la libertà e la pluralità educativa rimane uno dei pilasti delle scelte regionali”.

Il livello della riflessione è stato fissato da Giancarlo Cesana, presidente di Esserci, che si è chiesto quale sia “la differenza fra educazione e psicologia, visto che è in atto un processo di ‘medicalizzazione’ dell’educazione. Ciò significa che l’educazione viene vissuta come una patologia. Invece – ha scandito lo storico leader di tanto mondo cattolico- il proprium dell’educazione è la libertà. E la libertà è fare quello che si vuole, ma il vero problema è sapere cosa si vuole!”. Andando al punto, ha allora chiarito che “Bisogna volere la verità! La libertà è fatta per la verità e la verità è ciò per cui siamo fatti: la libertà, cioè, è per riconoscere il destino”. “Invece – ha proseguito – a scuola ci insegnano tutta una serie di ‘date’ senza il farci vedere il filo che le lega, ma questa non è educazione, perché l’educazione è l’introduzione alla totalità della realtà e dunque alla domanda di significato della stessa” “Questa dimensione del cuore rimbalza il problema educativo sugli adulti, che per lo più vivono l’omologazione dell’assenza del significato”, ricordando Malraux: “Non c’è ideale al quale possiamo sacrificarci, perché di tutti noi conosciamo la menzogna, noi che non sappiamo cosa sia la verità”.

Nel respiro ideale introdotto da Cesana, i lavori sono proseguiti con i contributi innanzitutto dei genitori e delle famiglie, poi delle istituzioni paritarie e infine degli insegnanti.

Peppino Zola, dell’associazione “Nonni 2.0”, per le famiglie ha testimoniato e spiegato che “l’articolo 30 della nostra Costituzione riconosce ai genitori il diritto di educare i figli. Solo ai genitori, cioè alla famiglia, è riconosciuto tale diritto e a nessun altro: non allo Stato, non alla Regione, non al Comune: “la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, afferma l’art. 33 della Costituzione. La Repubblica, cioè, ha il dovere di assicurare che esistano le strutture perché l’istruzione possa avvenire, ma non ha il diritto all’educazione, come, invece, pretendono di avere solo gli Stati totalitari”. Quindi, “La costituzione più bella del mondo riconosce alla famiglia il compito di educare”, che perciò deve poter essere libera nella “scelta della scuola. Ma oggi questa libertà non c’è perché l’accesso alle paritarie non è per tutti. Per questo chiediamo passi concreti contro tale discriminazione, domandando che: 1) il PNRR sia per tutte le scuole; 2) siano equiparate le carriere dei docenti delle paritarie a partire dall’accesso all’abilitazione che consentirebbe di stabilizzare oltre 15.000 docenti delle scuole libere; 3) sia avviato nel tempo un percorso che dia una “dote scuola” a ogni famiglia per evitare gli attuali sbarramenti economici per accedere alle scuole paritarie”.

Ancora dal fronte delle famiglie e dei genitori, Stefano Malatesta, Presidente AGESC Milano, ha dato concretezza a quel “diritto educativo” che spetta alla famiglia: “E’ sempre più necessario -ha spiegato- trovare luoghi dove l’esperienza educativa non sia conforme alla logica della ripetizione o dei risultati standardizzati, ma guardi invece alla singola persona nella sua interezza. Questo è di fondamentale importanza per un genitore e credo sia il motivo per cui molti genitori iscrivono i propri figli in una scuola paritaria”. Domandando questa impostazione, “i genitori chiedono una alleanza educativa per la quale non basta una crescita nozionistica”. “Spesso – continua il Presidente AGESC– le scuole paritarie siano scelte proprio per la maggior capacità di personalizzazione, cosicché le stesse possono aiutare un circolo virtuoso per l’intera scuola italiana. Ma, in tutta Europa solo Italia e Grecia sono i paesi in cui questa libertà educativa non è consentita. Andiamo al punto: le rette delle paritarie devono essere abbattute. Altrimenti non c’è scelta educativa. Ecco l’ingiustizia da eliminare”.

Dalla sua esperienza di direttrice di una importante scuola paritaria milanese e avendo un osservatorio privilegiato nel settore, Suor Anna Monia Alfieri ha osservato che perché ci siano luoghi di attenzione alla singola persona ci deve essere una pluralità educativa, nell’ambito della quale le famiglie possano effettivamente scegliere gli strumenti educativi ritenuti migliori per i propri figli. “Solo la pluralità delle proposte di educazione -continuava- garantisce e alimenta il pluralismo ideale e culturale, che è alla base delle stesse libertà costituzionali: libertà, dunque, vuol direpluralismo, in modo che ognuno possa avere o scegliere una identità e una proposta ideali distinta dalle altre”. “È dunque una vera ricchezza” -continuava- che “ogni scuola paritaria abbia un proprio progetto culturale specifico”, il che significa che “al riconoscimento della parità scolastica ciascun istituto scolastico non statale ha un vero eproprio diritto soggettivo, che deve ritenersi costituzionalmente tutelato”.

A dare il contributo nella prospettiva degli insegnati, Elena Fruganti, anche coordinatrice dell’equipe di competenze scolastiche del network “Sui tetti”: “La scuola è una comunità educante, che prende in carico i ragazzi per condividere con le famiglie il compito educativo; è il luogo in cui, attraverso gli apprendimenti disciplinari, si introducono i giovani a una realtà totale, al mondo, dilatando gli spazi della famiglia, senza contrapporvisi. È un compito fondamentale a cui va riservata un’attenzione prioritaria da parte del mondo politico, culturale e famigliare, ma -proseguiva- nel rispetto del ruolo e dell’autonomia che va riconosciuta ai docenti nell’assolvere a questa funzione spesso difficile”. Infatti, indugiava, “gli insegnanti incontrano ogni giorno le forme più acute e diffuse del disagio giovanile, cui sono chiamati a dare risposte possibili. Le classi sono eterogenee e sovente assorbono dinamiche conflittuali esterne alla scuola; aumentano le dipendenze, anche da web, cresce il cyberbullismo e, quanto alla complessità della situazione, basti ricordare che sono stati censiti ben dieci categorie di nuovi bisogni speciali propri dei giovani che frequentano le nostre classi. La scuola è chiamata a rispondere a tutto questo, ma ciò può accadere se un insegnante è consapevole che dietro le statistiche ci sono sempre due occhi che lo guardano e che gli chiedono di rispondere al loro bisogno”. “Nessuno -concludeva- può affrontare una simile sfida da solo, per cui gli insegnanti hanno bisogno delle famiglie, che, invece, a volte si appoggiano troppo sulla scuola, così come nel rapporto famiglie/insegnanti vi è spesso troppo formalismo o addirittura timore reciproco o, peggio, ricambiate rivendicazioni. Dobbiamo perciò uscire da questa logica contrappositiva!”. Benvenga allora ogni riforma che aiuti a rifondare questo rapporto, per il quale “forse servono nuovi organi scolastici”, ma intanto “guardiamo con favore i nuovi tutor di cui apprezziamo le intenzioni, perché si va nella giusta direzione di dare luogo a quel livello intermedio di cui sentiamo il bisogno. Inoltre, è molto importante la personalizzazione dei percorsi scolastici -insisteva- e per questo auspichiamo un maggior utilizzo di discipline opzionali”. “La scuola -concludeva- non è trasmissioni di nozioni, perché l’educazione è in primo luogo una dinamica umana, che si sostanzia in un incontro umano con i ragazzi, che ha a che fare con il destino dell’altro. Si tratta di una dinamica che merita fiducia seppur dentro tutte le criticità, perché il cuore dei ragazzi resta lo stesso: quello degli angeli del fango della Romagna appare subito identico a quello dei ragazzi dell’alluvione a Firenze nel ’66, che oggi sono padri, madri e docenti”. Se il docente si accorge di questo, allora veramente “in-segna, cioè imprime un segno verso i ragazzi che ha di fronte”.

Il Ministro Giuseppe Valditara ha affrescato una visione globale del sistema scolastico, al tempo stesso riscontrando punto per punto le proposte del network: “La scuola italiana è la scuola del 2 giugno. Che significa? Significa che è ‘costituzionale’, nel senso che sente fortemente l’ispirazione di una costituzione, la nostra, che mette al centro la persona. La Pira ci ha insegnato che la differenza dell’ordinamento repubblicano rispetto al passato sta nel fatto che la nostra costituzione mette al primo posto la persona e al suo servizio lo Stato, a differenza dei regimi totalitari”. “Mettere al centro la persona -proseguiva il Ministro nel giudizio sulla scuola- significa anche capire l’importanza fondamentale assegnata alla famiglia dall’art. 29 della stessa Costituzione. La famiglia è infatti la comunità politica originaria: lo Stato deriva da un insieme di famiglie. Questo principio è anche al centro dell’art. 30 citato nei precedenti interventi: il diritto originario di educare è dei genitori”. Di qui discende che, dando seguito al compito che i genitori hanno verso i figli, “La scuola deve valorizzare la persona, scoprendo i talenti e le abilità di ogni studente. Da questa stessa finalità deriva anche l’idea del docente tutor, che vuole essere uno strumento per una sempre più accentuata personalizzazione. Di qui discende anche il senso della parola ‘merito’, che non significa affatto la ‘scuola dei migliori’, ma c’entra piuttosto anche con chi è stato bocciato. Perché anche chi ha ricevuto delle delusioni deve avere la possibilità di cambiare; se ci sono percorsi personalizzati, anche quei ragazzi con problemi possono diventare persone mature. Eccola, allora, l’idea vera del merito: valorizzare i talenti di ciascuno”.

Poi il Ministro scolpisce il mandato della scuola italiana. “Deve essere -ha spiegato – la scuola delle due “L”, cioè la scuola della “libertà”, ma anche la scuola del “lavoro”. La scuola deve educare a una cittadinanza attiva, garantendo la libertà di esprimere la propria personalità, ma sapendo anche insegnare a ciascuno che può e deve dare il proprio apporto alla società. Dobbiamo pensare a queste due ‘L’ in una scuola pubblica a 360 gradi, fatta di scuole statali e di paritarie, che mettano al centro la figura del docente, perché serve a tutti una nuova autorevolezza della scuola e dell’insegnante per affrontare alcuni fenomeni gravi e capillari come il bullismo. La scuola delle due ‘L’ ha, poi, bisogno di una grande alleanza con la famiglia. Più ancora: serve una vera e forte alleanza complessiva fra famiglia, docenti, studenti, scuola a 360°, fatta di statali e paritarie”.

Per questa alleanza -osservava il Ministro- dobbiamo ricostruire un percorso comune e se vogliamo dare risposta a una scuola plurale vanno accolte le istanze che sono state portate oggi. In particolare, stiamo effettivamente inserendo anche le scuole paritarie nel PNRR: si tratta di fondi di 600 milioni, 150 milioni e 450 milioni, che verranno condivisi per progetto anche delle paritarie”.

Sulla carriera dei docenti, poi, il Ministro ha annunciato di aver chiesto ai propri uffici di preparare i testi “perché i 36 mesi svolti nella scuola paritaria siano equivalenti a quelli della scuola statale ai fini della abilitazione dei docenti”.

Infine, ha affermato che il cammino verso una “dote scuola” che dia a tutte le famiglie una pari possibilità di scelta è stato avviato, con primi, seppur parziali passi: “20 milioni in più quest’anno, 110 milioni in più l’anno prossimo. Sono prime tappe -ha concluso- per applicare la costituzione, perché lì c’è scritto che la scuola è per la persona e il diritto dovere di educare deve spettare, innanzitutto ed effettivamente, ai genitori”.

Dopo un intenso dibattitto con molti interventi dai partecipanti al seminario e un breve ma affascinante video di Davide Rondoni, che ha chiesto di abbandonare la standardizzazione “enciclopedica”, per un luogo educativo capace di accorgersi e valorizzare le capacità di ogni giovane, i saluti finali portati dal consigliere regionale Matteo Forte hanno ben riassunto il tono dei lavori, sottolineando come sia la “relazione fra persone a costruire ogni persona, relazione che, nel contesto educativo, deve avere i tratti dell’autonomia e della libertà perché i talenti possano essere visti e valorizzati”.

In effetti, la conclusione del pomeriggio milanese è stata un “arrivederci”, raccogliendo le numerose richieste di proseguire anche in altre zone d’Italia con momenti di condivisione di “ideali” e di idee”!


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