IL PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE ANNUNCIA IL FINE-VITA DEL PARLAMENTO?

Stupiscono alcuni passaggi della relazione del 18 marzo 2024 del Presidente della Corte costituzionale – si legge in una nota del network associativo “Ditelo sui tetti” – Per un primo verso, c’é una parola chiara sui rapporti fra le istituzioni della Repubblica, quando, cioè, al par. 5, il Presidente Barbera ricorda che «in un sistema costituzionale fondato sulla separazione dei poteri» è necessario un «rigoroso… rispetto delle decisioni delle sedi parlamentari»”. “Ma l’annunciato «rigoroso rispetto» per il Parlamento non resiste a lungo -continua la nota- Appena qualche riga dopo, infatti, il Presidente della Consulta pensa bene di dettare al Legislatore cosa dovrebbe fare. Infatti, «sollecita» il Parlamento ad approvare norme secondo «una lettura dei parametri costituzionali non strettamente testuale» (!), in quanto serve una lettura della Carta fondamentale «non originalista», avvisando che se il legislatore rimanesse invece inerte «nel cogliere le pulsioni evolutive della società pluralista», sulla base di ben noti e citati precedenti di supplenza legislativa «la Corte, in collaborazione con i giudici comuni …, non [potrà] rinunciare al proprio ruolo di garanzia, che include anche il compito di accertare e dichiarare i diritti fondamentali reclamati da una ‘coscienza sociale’ in costante evoluzione»”. “E così -nota ancora il portavoce del network Domenico Menorello- il Presidente Barbera teorizza un approccio della Corte ispirato «all’eccedenza assiologica dei princìpi, piuttosto che al più stretto respiro delle regole”. “In altri termini -proseguono le associazioni- la Corte costituzionale sembra voler svolgere non i principi della costituzione, ma una propria interpretazione degli stessi, così ammettendo una propria autonoma «opera di delimitazione dei confini» «della coscienza sociale»”; ciò significa porre il grave dubbio che anche il Parlamento abbia «un respiro stretto» nel tradurre in leggi quella stessa «coscienza sociale», seppure sia l’unico potere eletto dal popolo proprio per legiferare, come pur si assicurava di voler garantire all’inizio del paragrafo”. “Il Presidente Barbera rivendica una impropria missione normativa dei Giudici, considerando la, a suo dire, «declinante cultura positivistica» (cfr. par. 6), ma non vorremmo -conclude la nota- che l’unico reale grave effetto di pretendere «giudici-legislatori» sia quello di far declinare quella «sovranità popolare» su cui l’art. 1 della Costituzione ha fondato la Repubblica, introducendo, cioè, almeno un fine-vita: quello del Parlamento”.